Del resto, mia cara, di che si stupisce?
Paolo Pietrangeli, Contessa
Anche l’operaio vuole il figlio dottore
E pensi che ambiente che può venir fuori
Non c’è più morale, contessa
E invece tanti figli di operai sono diventati dottori. Avvocati. Funzionari. Hanno scalato qualche gradino nelle posizioni all’interno della società. Ma il pensiero di quegli aristocratici non è mai morto. Ha atteso a lungo il momento buono per rispingere i figli degli operai nel posto che, secondo loro, gli compete.
Oggi quella che era considerata la classe media è quasi estinta, ricacciata giù dalla scala a calci attraverso l’erosione del suo potere d’acquisto e delle sue possibilità di contrattazione. Ma, soprattutto, dall’involuzione a cui è stata sottoposta per merito della tecnologia.
La tecnologia sarebbe dovuta essere un ausilio alla nostra vita, un di più in grado di alleviare la pesantezza del lavoro, il carico di inquinamento sul pianeta, un aiuto nelle relazioni interpersonali, un supporto per unire i diversi popoli del mondo. Sarebbe dovuta essere la fine della schiavitù.
No. Non è stata nulla di tutto ciò.
La tecnologia ci ha resi stupidi. E noi stiamo rendendo ancora più stupidi i nostri figli, assoggettandoli alla schiavitù dello smartphone, rincoglionendoli con chatgpt e la dipendenza dai social, con i gruppi whatsapp a 11 anni. Con la didattica a distanza. E il tablet perennemente in mano, “così almeno sta zitto”.
“Ma come, vuoi che tua figlia sia una disadattata perché l’unica a non avere il telefono nella sua classe?
Ecco la chiave!
No, non la voglio disadattata, certo. La preferisco deficiente? Incapace di scrivere, di leggere e CAPIRE un testo, oltre che dipendente da un supporto esterno per memorizzare un qualsiasi dato? Meglio se inadatta al ragionamento e, quindi, vittima di ogni idiozia le venga propinata dalla tv? Del resto sembra essere più importante sapere che stronzata abbia detto oggi la ferragni rispetto a chi fosse Napoleone e alla sua importanza per la nostra vita oggi. Sembra essere fondamentale la conoscenza delle quotidiane flatulenze mentali di un influencer o di qualche altro pagliaccio cui è stata donata un’aura di attendibilità, piuttosto che conoscere il pensiero di Martin Heidegger, di Giordano Bruno, di Machiavelli, di Byung-chul Han. Mandare a memoria il testo di un brano di elodie piuttosto che assaporare un Montale o un Eluard.
Dai, direi che il ragionamento fila liscio liscio. Cosicché, finalmente, le parole della canzone Contessa assumono nuovamente un senso all’interno della società: noi stupidi ma tecnologicamente sul pezzo, col nuovissimo smartphone in mano e, presto, sotto pelle perché, vuoi mettere?, non possiamo nemmeno pensare alla ipotesi di dimenticarlo a casa e rimanere sconnessi/e/*/ə; loro, chi governa davvero il mondo, liberi di allevare i propri figli lontani da queste idiozie tecnologiche, in scuole elitarie in cui la conoscenza è considerata ancora un grande Valore, con la V maiuscola. Scuole in cui imparare a governare noi, il gregge di ignoranti che, accecati da questo nuovo e totalizzante dio, non siamo nemmeno più in grado di scorgere i pericoli della strada che abbiamo intrapresa: quella del macello.
Visto che amiamo essere trasgressivi, e che ce ne vantiamo in ogni momento, decidiamo davvero di esserlo!
Smettiamola di pensare come pensa la massa. Smettiamola di ascoltare la merda che ci viene propinata via radio/tv/consigli di spotify, ma accediamo al nostro personale gusto e cerchiamo ciò che più risuona con esso. La musica che viene imposta oggi è tutta uguale, mi chiedo come facciamo a non accorgercene. E spegniamo quel maledetto televisore, abbiamo un cervello che non abbisogna di essere addestrato su cosa pensare!
E, già che ci sono, voglio demolire alcune fake news, attualmente in voga presso una fascia considerevole di persone: la storia serve eccome, come anche la filosofia. L’arte non è un mero accessorio, bensì la base su cui costruire una vita sana e ricca. Non necessariamente ciò che è mainstream è arte; è molto spesso vero il contrario. La mentalità scientifica non è sempre indice di intelligenza.
Quello che viene propinato dalla televisione non è la verità, ma una particolare sfaccettatura del reale, filtrata attraverso le convenienze economiche e politiche dell’editore di turno.
Ora, la prossima mossa sta a noi:
ci tocca l’onere di dimostrare se siamo davvero così stupidi.
O no.