La vita è sofferenza; così recita, in alcune traduzioni, la prima delle 4 nobili verità del buddhismo. Salendo in auto verso casa, poco fa, il pensiero continava a insistere su questa breve frase. Tutto ne riaccendeva la fiamma, la neve ai bordi della strada, gli alberi schiacciati dal peso del gelo, i volti resi bluastri dal nostro tirannico e comodo nuovo padrone, la paura, palpabile, nell’aria.
Si è affacciato, poi, alla soglia della coscienza il ricordo degli occhi di mia figlia appena uscita dalla sua prima sala operatoria, quella della sua travagliata nascita. Occhi luminosi che, accecati dalla forte luce al neon del corridoio, guardavano in ogni direzione, stupiti della vastità del nuovo mondo. Ho pensato quindi, che il mondo potrebbe non essere un luogo così ostile, se solo noi umani non alimentassimo quella fiamma maligna che arde nera dentro di noi.
Se provassimo a spegnerla con l’acqua della compassione, inondandola della luce che dissipa le tenebre dell’ignoranza, allora il mondo non sarebbe sola sofferenza.
Siamo ignoranti. Tutti. A tutti i livelli.
Salendo in auto, poco fa, ho passato in rassegna i volti di alcune tra le personalità più in vista del pianeta oggi. Ho visto con gli occhi del ricordo i loro occhi cattivi, inumani, simili a quelli dei mostri dei film horror, occhi assetati di sangue, occhi affamati di carne.
Mostri che desiderano guerra e fame, povertà e schiavitù per noi che non siamo parte della loro ristretta cerchia di criminali. Mostri che si trastullano con le nostre vite come se si trattasse di una serata fra amici passata a Risiko e birra, con carri armati di plastica colorata e dadi usati come innocui e simpatici strumenti di distruzione di massa.
Ho visto politiche scellerate, ho visto la cultura annientata dalle “idee” veicolate attraverso le produzioni Netflix, Disney, Prime, attraverso i tg, gli influencers, Facebook. Una cultura violentata da una propaganda mai vista prima su questo pianeta, un pensiero unico e totalizzante talmente capillare ed efficace da entrare con facilità nelle menti delle persone per piantarvi il proprio seme fetido. Inception, ma nella vita da svegli.
Ho visto persone fare propri con entusiasmo fanatico concetti provenienti dai “potenti”, acriticamente.
O cuore, fa’ conto di avere tutte le cose del mondo,
fa’ conto che tutto ti sia giardino delizioso di verde,
e tu su quell’erba verde fa’ conto d’esser rugiada
gocciolata colà nella notte, e al sorger dell’alba svanita.
Omar Khayyâm – quartine
Siamo davvero tutti come rugiada, impermanenti, destinati a finire, quantomeno qui, sulla Terra. Questo semplice pensiero dovrebbe essere talmente potente da farci cambiare in un attimo prospettiva per vivere una vita degna di essere vissuta: senza prevaricare, senza sfruttare, senza creare più dolore di quello che la vita già ci assegna per il semplice motivo di essere qui.
La causa di tutta questa sofferenza aggiuntiva ed inutile, è l’ignoranza della fine, è il considerarci immortali. Cerchiamo di continuo di prolungare la vita indefinitamente, senza renderci conto di quanto presuntuosa ed egoista possa essere una tale ricerca.
Ecco che, dando a tutta la nostra vita una dead line, seppur senza data certa, allora ogni cosa cambierebbe di significato ed assumerebbe un valore. Di più, si arricchirebbe.
Voglia di vivere, la mia ricetta.
Salendo in auto, poco fa, ho visto il mondo ricoperto da una coltre di polvere appiccicosa e scura. Ora, però, raccogliendo il pensiero in quel punto luminoso dentro me, che tutti possediamo, ho visto una luce abbagliante sotto la fuliggine. E so che, con il pensiero ripulito dalla schifezze con cui lo abbiamo nutrito finora e lo sguardo ben saldo su un’orizzonte religioso, (nel suo significato più elevato e puro, quello di unione), potremmo ancora salvare il pianeta.