Ho modificato l’immagine di copertina del sito, perché le immagini parlano, spesso, in modo più efficace rispetto alle parole, soprattutto per l’homo videns contemporaneo.
Questa immagine raffigura cosa sia, per me, il mondo: un luogo le cui differenze siano riconosciute come ricchezza inestimabile, contro all’omologazione e all’appiattimento delle diverse culture al modello, (squallido), occidentale; un luogo sul quale camminare in pace e a testa alta, con la consapevolezza di essere parte di qualcosa di molto grande e significativo: l’umanità. Un luogo, dunque, in cui nessuno venga prevaricato.
Non riesco più a tacere l’orrore che provo di fronte alla rapida decadenza dell’umanità, perlomeno della nostra occidentale. Un senso di orrore che aumenta di fronte all’inanità con cui è stato accolto il grido di dolore del popolo siriano a seguito del violento terremoto che lo ha colpito, assieme a quello turco. Un popolo che vive sulle macerie delle nostre bombe, vessato dalle sanzioni occidentali e che, ora, non ha più nulla, se non la forza della disperazione, per curare le proprie ferite.
L’inconsistenza dei governi di fronte alle sofferenze di milioni di persone strette sempre più nella morsa di un’inflazione allucinante, resa ancora peggiore dalla miopia, (e idiozia), di gentaglia come Christine Lagarde, lurida strozzina al soldo dei soliti noti.
Non riesco a tacere della stupidità che regge il bipensiero “più armi = pace”. In zona di guerra io ci sono stato e non è un bel vedere, fidati.
Stiamo allegramente correndo verso il baratro dell’involuzione, ma, accecati dai lustrini delle tv e dalle meraviglie (sic) della tecnologia, dalle parole melliflue dei politicanti, dai prezzi bassi di abiti confezionati da schiavi bambini dall’altra parte del mondo, viviamo felici questa transizione. Dall’umano alla bestia. Anzi, alla tecno-bestia.
Trovo sempre più difficile digerire questo mondo, perché, fondamentalmente, io l’amo; e trovo sempre più vergognoso lo struzzinismo col quale viviamo questi tempi molto bui.
Questo è il senso di questi miei lunghi silenzi, intervallati da sporadici video e brevi articoli, sprazzi di vita “normale” che normale non è. Non più.
Falunaa è un’oasi in cui respirare arte, lo dico da molti anni. Ed è un luogo in cui l’arte non è cosa da museo, né atto avulso dal vivere quotidiano.
Abbi pazienza per questi silenzi, dunque; perché è dall’immersione in questi che, solo, può sorgere la voce in grado di elevare un’esistenza.
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