Questa settimana abbiamo parlato diffusamente dei primi 3 accordi dell’antica saggezza tolteca, così come li descrive Don Miguel Ruiz nel suo libro “I quattro accordi“: sii impeccabile con la parola, non prendere nulla in modo personale e non supporre nulla.
Il quarto accordo è di fondamentale importanza, poiché chiude il cerchio attraverso la messa in atto dei precedenti tre accordi: fare sempre del proprio meglio. Facile a dirsi, dato che tutti noi pensiamo di fare in ogni momento del nostro meglio. Ma è davvero così?
Partiamo, innanzitutto, col considerare cosa vogliano dire le parole fare del proprio meglio.
Mi aiuterò con un semplice esempio: mi alzo al mattino con un brutto mal di testa dovuto al poco sonno della notte appena trascorsa. Capita a tutti, prima o poi, non credi?
In questo caso, il meglio che io possa fare potrebbe mai essere lo stesso di quando, invece, mi sveglio fresco, riposato e pieno di energia? Io credo di no, perché il nostro meglio cambia in continuazione, anche nell’arco di una stessa giornata. Noi cambiamo, come anche le circostanze. Al mattino, il meglio che si possa fare è ben diverso di quello di mezzanotte.
Quando siamo attenti e consapevoli della nostra vita interiore, sappiamo riconoscere e accettare in quale stato ci troviamo. Smettiamo di giudicarci, riconoscendo il fatto di non poter essere sempre al settimo cielo. Nella vita esistono anche l’amarezza, la rabbia, l’invidia, la spossatezza: accettiamo di non essere perfetti, ma di essere umani.
Quanti di noi fanno un lavoro che non amano solo per poter portare a casa lo stipendio?
Quanti lavorano solo per ottenere il denaro per avere la possibilità di dimenticare se stessi, anche solo per un week end?
In queste mie domande non v’è alcun giudizio, so quanto avere uno stipendio sia molto importante, soprattutto quando si devono pagare un mutuo o un affitto, oltre al cibo per sé e per la propria famiglia. Oggi, grazie a un mondo dominato dalla finanza che ci sta spingendo vicinissimi al baratro, il semplice riuscire ad avere un lavoro è un obiettivo per molti irraggiungibile.
Ma quanto sarebbe migliore la nostra vita, se facessimo quello che più amiamo fare? Quello per cui siamo nati e verso cui il nostro daimon, sempre, ci spinge? Il lavoro, allora, non sarebbe più un fastidioso obbligo, ma qualcosa di piacevole, stimolante, attraverso il quale fare del proprio meglio sarebbe estremamente semplice e naturale.
Personalmente, quando suono o quando scrivo, mi sento talmente bene da poterlo fare per ore senza mai fermarmi, se non per prendere un caffé e riposare occhi e mani. Scrivo tonnellate di parole, di cui alcune diventano articoli, come questo, altre diventano canzoni o poesie, o lunghi monologhi che non vedranno mai la pubblicazione. Suonando è lo stesso: mi accorgo del cambiamento della luce fuori dalle finestre, mentre si scurisce quella dentro casa, le mani volano e mi accorgo di dover smettere solo dal dolore che provo. Un dolore dolcissimo.
Fare del mio meglio, in quei momenti, mi risulta spontaneo, naturale; e quando mi rendo conto di non essere molto ispirato (capita!), allora mi concedo una passeggiata, un lavoretto casalingo, un dolce, un’uscita. L’ispirazione non si può forzare, ma si può allenare la propria costanza, di modo da riuscire a creare qualcosa anche nei momenti in cui l’energia fluisce con minor impeto.
Non colpevolizziamoci qualora non riuscissimo a creare qualcosa, prendendo come metro di paragone i nostri migliori momenti. Tutto cambia, tutto scorre: anche noi.
Impariamo dall’acqua, che nessun ostacolo può fermare. Può esserci siccità, come in questi mesi qui in Piemonte. Il fiume può persino seccare. Ma prima o poi, il suo letto ospiterà nuovamente la frescura limpida portatrice di vita. Allo stesso modo, noi vivremo momenti bui, penosi, in cui penseremo che tutto sia perduto; ci colpevolizzeremo per non aver fatto abbastanza, per non essere stati all’altezza. Magari ci renderemo conto di non essere stati impeccabili con la parola. Di aver preso qualcosa sul personale. Forse, avremo supposto motivazioni altrui, senza chiedere chiarimenti.
Ecco, in quei momenti ricordiamo la metafora dell’acqua. Ricordiamo che fare del nostro meglio non vuol dire dover attendere di essere al 100%, ma di agire secondo le possibilità del momento, con impegno e amore.
Con questo quarto accordo si chiude il breve excursus sui quattro accordi dell’antica saggezza tolteca, così come li ha descritti Don Miguel Ruiz nel suo libro, “I quattro accordi“, che ti consiglio di leggere. Spero che possano esserti utili, in questo periodo di grandi cambiamenti sociali e ambientali, come se fossero una bussola per orientare la tua vita verso una sempre maggiore consapevolezza.
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