A pagina millemila lessi di questa figura. Il guardiano dei sogni.
Dalla mente di David Foster Wallace sono uscite storie incredibili, affreschi di vita indimenticabili. Il guardiano dei sogni viene da quella mente. Infinite Jest, precisamente. Mi ha colpito con la potenza di una scarica elettrica, ho vissuto una soluzione nella continuità temporale, uno di quegli attimi in cui si spalancano vaste praterie dietro la misera apertura di una porticina.
Lì il guardiano ascolta i residenti dell’Ennet House la notte, quando non possono dormire per i mille problemi che li hanno condotti fino a quell’edificio.
Allora ho sentito qualcosa, come una responsabilità verso le persone con cui entro quotidianamente in contatto, vuoi fisicamente, vuoi online. La responsabilità di ascoltare, senza giudizio, senza la posizione falsamente elevata di un “guru”, le storie delle persone, le loro paure, i loro desideri, le loro speranze per il futuro. Ascoltare è un’attività difficilissima, oggi, qui. Ascoltare davvero prevede molte qualità, tra cui la non valutazione. O l’empatia.
E così ho cercato di ascoltare il mondo, questo mondo di relazioni distrutte, di speranze vane, di disillusioni e dargli voce attraverso la mia musica.
A guardia di sogni è un viaggio, come penso possa essere qualsiasi opera d’arte, attraverso l’umano; è un disco elettro acustico, il che mi sembra adatto a questi tempi di assalto tecnologico “che ha sconvolto la vita” (cit. Giorgio Gaber”).
Ho dato voce a diversi aspetti dell’esistente anche mediante l’uso di strumenti di numerose parti del mondo: congas, darbuka, udu, berimbau, didgeridoo più svariati colori. Sintetizzatori e drum machines. I diversi continenti si sono addensati in questo album, miscelandosi per supportarne la storia.
Due dei brani, che non a caso aprono e chiudono il disco, sono dedicati alla mia bambina, Nausicaa, al nostro rapporto, ai mesi passati assieme avvolti da tubi ed aghi, da monitor simili a sismografi e da bianche sbarre fredde. I nostri lunghi, lunghissimi silenzi. Le spiegazioni impossibili da dare e da capire. La complicità che sola si crea in un rapporto così stretto seppure molto lontano. Ecco, ci sono anche elementi autobiografici ne “A guardia di sogni”, non vedo come potrebbero mancare, alla fine.
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